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La storia di Fabrizio

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Foto Fabrizio

PREFAZIONE

Premesso che raccontare di sé, dei sentimenti, delle paure, degli amici e degli amori sia molto difficile nel mondo in cui viviamo oggi, fatto oramai solo più da social network, io ho preso tutto il mio coraggio dimenticando il mondo virtuale e scrivendo questo magnifico libro che mi rappresenta nella realtà.

INTRODUZIONE

Eccoci qui a raccontare la storia più bella e commovente di me stesso in questo libro che spero vi piaccia.

La voce che sentite non è quella con cui parlo ma quella con cui penso.

Io sono Fabrizio Calza ho 20 anni ora e sono nato a Monterotondo in provincia di Roma.

Alla nascita sono stato abbandonato dalla mia mamma naturale all’ospedale di Monterotondo perché non accettava la mia difficoltà nata alla nascita.

Ebbene si, ero nato con una malformazione chiamata Spina Bifida.

La Spina Bifida è una grave malformazione congenita della colonna vertebrale e del midollo spinale: se un bambino nasce affetto da questa patologia è perché la sua colonna vertebrale “non si è chiusa”.
La patologia presenta diverse forme, con gravità differente, che comportano danni irreversibili al midollo spinale, come la perdita della mobilità degli arti inferiori, la difficoltà nel controllo degli sfinteri e altre complicazioni neurologiche.
Una persona con Spina Bifida non può guarire, ma molto si può fare perché possa condurre una vita serena. Fui  operato quasi subito dopo la nascita  a causa del manifestarsi dell’idrocefalia, e mi fu inserita la famosa “valvolina” che doveva servire al drenaggio dei liquidi encefalici in eccesso. Oltre a questa operazione ne subii altre come l’allungamento dei tendini, operazioni ai talloni con successivo gesso nei miei piccoli piedini di quando ero nato.

La mia permanenza a Roma è avvenuta presso un Istituto, nel quale avevo un grande legame con un ragazzo di colore marocchino di nome Hussein con cui giocavo sempre e ridevamo sempre, peccato che due settimane prima che io venissi preso in famiglia, Hussein fu preso dal padre che lo riportò nel suo paese d’origine e da quel giorno avevo tanta tristezza dentro di me. In questo istituto lavorava la moglie del mio padrino del battesimo, Isabella, che dall’anno compiuto mi prese per un periodo nella loro casa fino all’età di 4 anni e mezzo.

La famiglia di Francesco e Isabella è composta da due figlie naturali molto simpatiche e che mi sono sempre state vicino di nome Alessia e Valentina.

Con la famiglia di Francesco e Isabella  andavo sempre in vacanza con il loro camper in giro per l’Italia, ma la cosa più divertente era andare in giro con una delle tante moto di Francesco che era un grande appassionato di BMW e moto in generale.

Siccome però la Famiglia Nicolucci, cosi è il loro cognome non mi aveva preso ne in affidamento ne in adozione, un giorno del 1996/97 la famiglia con cui vivo ora lesse l’articolo di me che cercavo una famiglia in cui stare e vennero da Torino a conoscermi a Roma, e finalmente il 15 Febbraio 1997 fui preso in adozione da mia mamma e mio papà di Torino di nome Silvia ed Elio.

Loro avevano già due figli, però naturali un maschio di nome Mattia e una femmina di nome Serena, i primi giorni nella nuova casa erano stati un po’ disastrosi per via della mia troppa vivacità. Se non tutte le sere  ma quasi riuscivo o a rovesciare la tovaglia apparecchiata o a rompere qualcosa. Oltre però a questi aspetti negativi della mia piccola vivacità ero un bambino molto sorridente, e che stava sempre in braccio poiché non avevo la possibilità di camminare. Nel 1999 fui battezzato nella chiesa di Madonna del Pilone e avevo come padrino Francesco e come madrina mia sorella Serena.

Nel 2000 dalla famiglia di un ragazzo di nome Luchino Tiotto ho ricevuto in regalo la mia prima sedia a rotelle tutta nera con appeso un pupazzo di topolino che ho tenuto per diversi anni.

Essendo un ragazzo che non cammina la diversità da piccolo al dire il vero mi spaventava molto per via delle critiche o prese in giro delle persone ignoranti che non accettavano  la diversità, però penso pure questo: “<<Se una madre insegna al proprio figlio a insabbiare la propria naturale, comprensibile, curiosità, addirittura a voltarsi per non guardare, come potrà mai un bambino apprendere la diversità, accogliere la disabilità?>>”

Attenzione a non confondere il significato di disabilità con handicap, dato che hanno significati opposti dove la disabilità viene intesa come lo svantaggio che la persona presenta a livello personale, l’handicap invece rappresenta lo svantaggio sociale della persona con disabilità.

«L’espressione “diversamente abile” pone l’enfasi sulla differenza qualitativa nell’uso delle abilità. Esso viene utilizzato per specificare che attraverso modalità diverse si raggiungono gli stessi obiettivi. Vi sono delle situazioni di disabilità in cui questo uso può essere adeguato. Ad esempio allievi non vedenti o ipovedenti possono raggiungere lo stesso adeguati risultati scolastici e sociali utilizzando le risorse visive residue (potenziate con adeguati strumenti) o abilità compensative (ad esempio quelle verbali). Vi sono altre situazioni, come quelle riguardanti due terzi di tutti gli allievi certificati e cioè quelli con ritardo mentale, in cui l’uso della terminologia diversamente abile può risultare fuorviante. Consideriamo il caso di un tipico allievo con sindrome di Down. Dal punto di vista della qualità della vita forse si può anche dire che utilizzando le proprie capacità (o abilità) egli può comunque raggiungere obiettivi paragonabili a quelli di tutte le altre persone. In altre parole può raggiungere un benessere che non può essere considerato inferiore. Se questo è il riferimento, l’espressione “diversamente abile” potrebbe anche essere utilizzata. Se il riferimento diventa invece quello delle prestazioni scolastiche, sociali e di autonomia, l’espressione “diversamente abile” può risultare ingannevole, in quanto “nasconde” il fatto che tali prestazioni sono inferiori rispetto a quelle tipiche della normalità.»

Ovviamente esistono diversamente abili con patologie “gravi” e  “meno gravi”. Nel mio caso di Spina Bifida ho una lesione bassa  L4-L5 e ho problemi motori dato che non cammino dalla nascita, io personalmente ritengo  che lo sport per i diversamente abili è molto utile soprattutto come strumento di riabilitazione.

Lo sport per disabili è lo sport praticato da persone con diversi tipi di disabilità fisica, psico-mentale e sensoriale. Sono sport per disabili tutti gli sport paralimpici che fanno parte del programma dei Giochi paralimpici (sia estivi che invernali), ma lo sono anche molti altri e di ogni tipo, inclusi alcuni sport estremi. Vi sono anche degli sport specificatamente creati per gli atleti disabili.

Lo sport per atleti con disabilità e diviso in tre branche principali: i sordi, disabili fisici (in questo caso vengono compresi anche gli atleti non vedenti e ipovedenti) e disabili psico-mentali.

Dodici anni fa, all’inizio con poca convinzione e con una punta di scetticismo, ho iniziato il basket in carrozzina.

 Credevo, all’inizio, che fosse un’area di parcheggio per disabili; ho invece scoperto la bellezza e la fatica di questo sport, giocato con le regole e gli schemi propri del basket, solamente un pochino riveduti e corretti per adattarsi alle ruote piuttosto che alle gambe.

 Ho iniziato in una squadra amatoriale, la U.I.C.E.P. acronimo di Unione Italiana contro l’Emarginazione dei Paraplegici, fino a quando il mio allenatore ha parlato con i miei genitori delle mie potenzialità e li ha convinti ad accettare le proposte di una squadra di Cantù, che milita nel campionato italiano di minibasket in carrozzina.

Con loro, ho vinto il campionato italiano per ben 2 anni consecutivi (2007-2008/2008-2009); davvero una bella soddisfazione, o meglio, una grande gioia per me!!!

I miei progetti per il futuro sono sostanzialmente due: data la mia attitudine allo studio, penso che imboccherò la carriera universitaria e poi la ricerca per vincere quindi il premio Nobel; se, casomai, la prima ipotesi non si verificasse, credo che ripiegherò su un impiego da comune mortale che mi consenta l’utilizzo del computer (che mi appassiona) ed una vita dignitosa.

DISABILITA’ E HANDICAP

La disabilità è la condizione personale di chi, in seguito a una o più menomazioni (danni), ha una ridotta capacità d’interazione (impatto) con l’ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale.

Molti studi hanno confermato attraverso la ricerca, che la disabilità non dà ostacoli alle attività sportive anzi, questa favorisce molteplici benefici in diverse aree di sviluppo, anzi cosi facendo possiamo analizzare la differenza sostanziale tra i seguenti concetti: abilità, inabilità, handicap per arrivare poi al collegamento di sport e disabilità.

L’uso dell’espressione portatore di handicap è sbagliata in quanto denota una nostra confusione mentale dovuta a bontà d’animo (…) handicap vuol dire svantaggio, l’individuo non porta uno svantaggio bensì dei limiti che non saranno rimossi, ma gli handicap, gli svantaggi sono riducibili; una persona in carrozzina che incontra degli scalini trova degli handicap che non ha portato lei; allora “portatore di cosa?” semmai trovatore di un qualcosa (…) l’handicap è relativamente a ciò che vi è attorno, non è quindi il singolo che porta.”

NASCITA DELLO SPORT PER DIVERSAMENTE ABILI

Lo sport per persone diversamente abili è nato grazie alla Federazione Italiana Sport Disabili dove principalmente In Italia è riconosciuta dal Coni, ed ha come compito primario quello della promozione sportiva e l’attività fisica per le persone disabili.

L’inserimento di individui diversamente abili in un contesto

sportivo è un fatto relativamente recente.

Individui affetti da paralisi spinale traumatica sono stati i primi disabili a praticare sistematicamente un’attività sportiva.

Nel 1944 fu aperto a Stoke Mandeville (Aylesbury), in Gran Bretagna, uno dei primi centri europei per la cura e riabilitazione di soggetti affetti da lesione spinale. Tale centro avviò per primo l’attività “pionieristica” di sport-terapia grazie ad una intuizione del suo direttore Dott.  L. Guttmann, il quale riconobbe che una partecipazione attiva del paziente, affetto da depressione psichica, affezioni respiratorie, piaghe da decubito, nel programma riabilitativo potesse prevenire tali complicanze.

Egli introdusse l’attività sportiva inizialmente come “mezzo” per poter coinvolgere i giovani pazienti para-tetraplegici nell’iter riabilitativo, in seguito, si accorse che, oltre al miglioramento psicologico, vi era nei pazienti un notevole incremento delle capacità muscolari, respiratorie e di gestione della carrozzina che con i metodi tradizionali difficilmente riusciva ad ottenere.

L’iniziativa del Dott. Guttmann ebbe molto successo, ed il 28 Luglio 1948 si tennero i primi Giochi di Stoke Mandeville per atleti disabili, cui parteciparono sportivi disabili ex membri delle Forze Armate Britanniche.

Da allora i Giochi di Stoke Mandeville divennero internazionali e nel 1960 si svolsero nel contesto delle Olimpiadi di Roma.

Non si vuole ora fare una cronologia delle manifestazioni internazionali per atleti disabili, basti pensare che sono ormai un appuntamento fisso le Para Olimpiadi, organizzate ogni 4 anni in concomitanza con le Olimpiadi, di cui l’ultima edizione si è tenuta ad Atlanta negli Stati Uniti.

LA SPINA BIFIDA

La Spina Bifida è una grave malformazione congenita della colonna vertebrale e del midollo spinale: se un bambino nasce affetto da questa patologia è perché la sua colonna vertebrale “non si è chiusa”.  La patologia presenta diverse forme, con gravità differente, che comportano danni irreversibili al midollo spinale, come la perdita della mobilità degli arti inferiori, la difficoltà nel controllo degli sfinteri e altre complicazioni neurologiche.Una persona con Spina Bifida non può guarire, ma molto si può fare perché possa condurre una vita serena.

RICORDI

Eccoci arrivati alla parte più bella a mio parere….ricordi.!

Quanti di noi hanno impressi nella mente i propri ricordi, specialmente i più belli, senza ovviamente dimenticare i più brutti.

Nella mia mente ne trascorrono tanti e ora ve li racconterò…

Partendo dall’infanzia non posso certo dimenticare che i miei genitori mi hanno donato tutto, specialmente di loro stessi.

La cosa che in primis mi hanno donato è stata la gioia di vivere e il loro amore per me.

Uno dei tanti ricordi che ho da quando avevo quasi 5 anni è quello di quando sono arrivato per la prima volta a Torino nella mia stupenda famiglia.

Sceso dall’aereo vidi arrivare incontro mia madre e mio padre assieme ai miei fratelli Mattia e Serena.

Finalmente ero atterrato….ovviamente da bimbo coraggioso non avevo paura dell’aereo, e arrivai dalla mia famiglia con il sorriso sulle labbra.

Addosso vestivo con un giubbotto verde acqua e un cappellino viola e nelle mie pacioccose mani tenevo un aereo che avevo preso con me durante il viaggio.

Ovviamente a causa della mia malattia, ovvero della Spina Bifida che non mi permetteva di camminare perché era di fatto una disabilità motoria, fui messo su un passeggino a tre ruote soprannominato da me “Ferrari”, dato in prestito da una famiglia di loro conoscenza in attesa di una carrozzina a quattro ruote che arrivò all’età di 7 anni e anche ad essa avevo dato un soprannome “Genoveffa”

Durante il tragitto verso la macchina non feci altro che mille domande su tutto, non conoscendo la città.

I primi  giorni in casa con la mia famiglia non erano molto facili, soprattutto per via dei miei continui vomiti e tirare giù tovaglie apparecchiate e non prendendo le pastiglie quando stavo male perché avevo paura di ingoiarle.

Parlando di un mio pregio dato della mia personalità possiamo dire che i miei occhi hanno incantato metà universo e che il mio sorriso è sempre inciso nelle mie labbra, e per questo mi è stato facile da piccolo essere perdonato sempre per sciocchezze da me commesse.

All’età di 8 anni avevo già capito che nella mia vita non poteva mancare lo sport e cosi cominciai con il fare nuoto per riabilitazione delle gambe fino all’età di 14 anni e successivamente canoa, sci e poi infine il mio sport di vita….il basket che tutt’ora pratico.

Nell’essere ancora piccoli avevo capito ancora una cosa fondamentale della vita, ovvero che solo quando si è piccoli si può approfittare delle piccole occasioni dette tutt’oggi termine essere mammoni. Ebbene si, fino all’età di 10, 11 anni molte volte chiedevo di dormire nel lettone con i miei genitori per prendermi le coccole e a volte confidarmi con loro anche per piccoli dubbi e domande che si hanno da piccoli, dove i miei in particolare erano: come mai ero stato abbandonato dalla mia madre naturale e perché ero in carrozzina.

Ovviamente per rispondere a queste domande i miei genitori hanno aspettato che fossi un po’ più cresciuto e all’età di 14 anni circa mi sono state raccontate le poche cose della mia infanzia di cui loro erano a conoscenza.

Il mio ricordo più brutto, vissuto all’interno dell’Istituto in cui ero prima di essere in questa stupenda famiglia è stato il momento in cui Hussein l’unico mio migliore amico all’interno dell’istituto, era stato portato via dal padre senza saperne la destinazione da parte di nessuno due settimane prima che io mi trasferissi nella mia famiglia a Torino.

I miei ricordi non son fatti solo di quelli tristi ma anche di quelli speciali che porto specialmente nel cuore come l’aver portato la fiaccola presso il comune di Torino nelle mani del Sindaco Chiamparino nelle Olimpiadi e Paraolimpiadi di Torino 2006.

Io rappresentavo l’atleta del futuro nei 3 tedofori che hanno avuto la possibilità e l’occasione di portare la fiaccola nell’ultimo tragitto all’arrivo verso il comune, poi c’era l’atleta del presente rappresentato da un ragazzo di 25 anni che pratica tennis e poi l’atleta del passato rappresentato da un signore di una certa età campione di sci di fondo.

Continue…


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